Wednesday 6 July 2016

un cocktail di emozioni - 6/7/2016


l'inizio della seconda settimana a Borgo Croce, nome del centro di accoglienza straordinaria dove portiamo servizio in questo turno, è dipinto di colori diversi rispetto al nostro arrivo settimana scorsa.
lunedì mattina la casa si divide in due: ragazzi che hanno ottenuto i documenti necessari per il permesso di soggiorno, ragazzi che aspettano di presentarsi davanti alla commissione esaminatrice o che aspettano una risposta.
da una parte la gioia indescrivibile, dall'altra la frustrazione.
da una parte l'incognita per un futuro che ora comincia a essere sempre più vero, dall'altra l'incognita di un futuro che potrebbe (non) esserci.
ritrovo in loro uno degli insegnamenti più preziosi del MEG che porto con me: la gioia non è vera se non può essere condivisa. e infatti i 6 ragazzi che hanno ottenuto i documenti ci abbracciano uno per uno, mi stringono forte a loro, vengono loro incontro a noi, sono già svegli quando noi arriviamo nel centro. i loro visi stanchi parlano chiaro: finalmente dopo mesi di attesa qualcuno ha risposto, qualcuno ha detto loro che possono stare in Italia/Europa.

ci sono altri 20 ragazzi, di cui due sbarcati in Italia questo sabato, e subito accolti nel CAS Borgo Croce, che hanno espressioni diverse: anche i loro visi parlano chiaro.
I due ragazzi appena arrivati sono completamente spaesati: chi sono queste persone che vengono da me e mi propongono di giocare? chi sono queste persone che mi parlano in italiano-francese-arabo-inglese? chi sono e soprattutto io dove sono?
i ragazzi che invece conoscono ormai le dinamiche del centro, si auto-escludono: telefono, musica e cuffiette per chi ce l'ha, passeggiata per i più coraggiosi viste le temperature estive.
- Perché io no? questa frase la sanno tutti.
- Perché io no documenti? questa frase ancora più frequente.

ecco che mi trovo davanti a quello che per me è il simbolo della mia vita: tra persone felici, (e io tra queste) e persone afflitte interiormente. e io che cosa posso fare? io come posso stare a guardare i telegiornali che mi parlano di guerre, di sbarchi senza fare nulla? come posso essere pienamente felice se c'è un fratello accanto a me che soffre?
mi sono seduta accanto ad alcuni di loro, ho ascoltato la loro musica, ho guardato il cielo senza nuvole, ho provato a dire qualche parola con l'aiuto di google traduttore, ma le lacrime per alcuni sono state trattenute per miracolo.

martedì mattina ho provato a coinvolgere più persone possibili preparando un cruciverba, e alcuni disegni sull'Italia: scoprono le varie regioni italiane, dove sono Milano, Roma, Torino, Bologna. scoprono dov'è Pozzallo, e dov'è Ragusa. scoprono un po' quanto sia grande l'Italia, paese verso il quale sono profondamente riconoscenti.
provo a coinvolgerli e qualcuno mi chiede perfino di preparare dei testi per esercitarsi con la lettura dell'italiano.

ma oggi, ricaduta: i ragazzi sono ancora più frustrati degli scorsi giorni. coinvolgerli in qualsiasi attività è più difficile del solito. allora optiamo per qualche gioco di carte, per qualche chiacchierata, per un pranzo tutti insieme per celebrare la fine del Ramadan.
optiamo per la relazione personale, senza attività, la relazione più delicata e più complessa che ci possa essere tra due persone. scopro i loro sentimenti, scopro che non sono così felici e spensierati come apparivano settimana scorsa.
mi scopro anch'io estremamente sensibile e pronta alla fine di questi tre giorni a servire un cocktail di emozioni nella condivisione con i miei compagni di volontariato.
scopro ogni giorno come i miei studi possano concretizzarsi in un progetto come quello della Fondazione San Giovanni.
scopro che nonostante le debolezze, le fragilità, l'incomprensione, l'impotenza davanti a domande, a situazioni a me completamente estranee, riesco a regalare un sorriso ai ragazzi.

vado a dormire assaporando questo cocktail di emozioni, sperando di riempirlo ancora nei prossimi giorni.

al prossimo articolo!
Claudia

ps: Espe and Ele.. we miss you, :)

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